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Santiago, Esperienza di gratuità

Pellegrina e Guida: Miriam Giovanzana si racconta

La sua prima volta a Santiago de Compostela risale a 26 anni fa. L’anno dopo ha pubblicato una Guida ad uso del pellegrino camminatore, firmata insieme ad Alfonso Curatolo: un long seller giunto alla 16esima edizione, pubblicato da Terre di Mezzo, il mensile da lei fondato nel 1994. Lei è Miriam Giovanzana, milanese, una voce appassionata del sociale italiano che si concepisce sempre in cammino. Lo stesso nome scelto per giornale e casa editrice deriva da un’esperienza che in quegli anni faceva chiunque viaggiasse. «C’erano ancora i confini», spiega. «E quando si usciva da un paese, si restava per un tratto in una terra di mezzo, che non apparteneva a nessuno. Eravamo, siamo, un po’ tutti stranieri e questo ci consente di comprendere quanto sia importante l’incontro con l’altro. È lì che si può alimentare la speranza, anche di fronte a un mondo che non è andato proprio come si poteva sognare»

Il cammino è più che una pratica, un metodo e una scuola di vita. «Anche se si parte da soli, man mano che si procede ci si ritrova dentro una comunità. Con il cammino si sperimenta come la speranza viva nell’incontro con l’altro. Non conta solo la meta, conta alzare lo sguardo nei momenti di maggiore fatica, incontrare la bellezza, il sentirsi accompagnati da molti». Ricorda i suoi inizi. La prima scintilla era scattata L dal fascino di un libro tenuto sul comodino quando era liceale: era il Codex Calixtinus, pubblicato in Italia da Jaca Book. Era una “guida del pellegrino” scritta nel XII secolo (ed è proprio tra quelle pagine che troviamo come un neologismo la parola “ultreia”). «Quel libro metteva davanti all’evidenza che camminare significa mettere i propri passi sulle orme dei passi di altri che ci hanno preceduto». È un principio che Miriam ha voluto tener ben presente nel pensare la sua “Guida al Cammino di Compostela”. Si legge nell’introduzione: «Nelle pagine che seguono trovate tutto ciò che serve (…), soprattutto come leggere le tracce di quanti ci hanno preceduto, di quanti, a partire dagli inizi del IX secolo, quando si è diffusa la notizia della scoperta della tomba dell’apostolo San Giacomo, si sono messi in cammino». In occasione della sua prima volta aveva scelto un periodo tra settembre e ottobre. Il ricordo è di strade con pochissime persone, e quindi di un cammino che facilitava meditazione e pensieri profondi. Oggi a Santiago arrivano 500mila pellegrini ogni anno e, quindi, l’overturism ha contagiato anche questa meta. Miriam confessa che, in una delle sue esperienze recenti, per tre notti si è trovata a fare i conti con strutture senza più posti e, conseguentemente, a dormire ogni volta sul pavimento. Le ragioni del boom sono molteplici. «Si sono moltiplicati i pellegrini sudcoreani, dopo che Kim Hyo Sun, una giornalista di Seul, ha raccontato la sua esperienza nel Cammino in un libro che ha venduto più di centomila copie. C’è anche un boom di americani richiamati dal successo del film con Martin Sheen protagonista, “The Way” (uscito in Italia con il titolo “Il cammino di Santiago”)».

«Quello che mi spiace non sono i numeri, ma la tendenza a dimenticare la natura spirituale del Cammino, che ha un’origine religiosa chiara. Fare il Cammino equivale addentrarsi in un’esperienza di fede. Invece oggi prevale la dimensione di avventura o quella semplicemente turistica, e così se ne impoverisce il significato e la portata personale».

Quella in direzione di Santiago è stata comunque un’esperienza generativa, che ha diffuso in tanti altri contesti la cultura dei “cammini”. In Italia quello che raccoglie più presenze soprattutto tra i giovani è il Cammino degli dei, che attraversa gli Appennini tra Bologna e Firenze. «Non ha più una natura religiosa, ma è comunque esperienza carica di valore. Chi cammina è chiamato a fare i conti con la fatica e quindi con i propri limiti. Il camminare sviluppa una cultura della condivisione. E poi si entra in un tempo che è completamente diverso dalla quotidianità, pur essendo immerso nella quotidianità». Ma l’insegnamento più grande che viene dal Cammino è la gratuità. «Basta fare l’esperienza di passare dove c’è un albero di mandorle a fianco della strada, e pensare che chi è passato prima di te le ha lasciate lì per te. Gratuità è la parola a cui sono più affezionata».

Giuseppe Frangi