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Ogni passo è un tesoro

Duccio Demetrio, Filosofia del camminare.

Io non scrivo solo con la mano, anche il piede vuole essere sempre scrivano sicuro, libero, audace e mi accompagna correndo ora sul campo, ora sul foglio bianco. I pensieri devono nascere camminando». Parole di Friedrich Nietzsche nella sua autobiografia. Duccio Demetrio ha fatto di questa confidenza del grande filosofo tedesco un punto di riferimento per tutta la sua riflessione sul tema del camminare, che ha raccolto in un libro affascinante pubblicato nel 2005 e che ha esposto in tanti incontri pubblici. «Nietzsche nella sua autobiografia ci parla tantissimo del ruolo che il camminare svolge agli effetti di un’educazione al pensare e al pensiero. Ma bisogna aver consapevolezza che Nietzsche ci parla di un certo tipo di camminare che molto semplicemente possiamo definire “passeggiata”. L’umanità per riuscire a coniare e quindi a sperimentare la parola “passeggiata”, che è una parola fresca, una parola leggera, ci ha messo migliaia di anni, in quanto prima il camminare non era certo associato a queste sensazioni. Camminare per migliaia di anni ha voluto dire marciare, sfuggire ai pericoli, cacciare. Il camminare è stato legato agli istinti, compreso l’istinto alla guerra». Siamo fortunati dunque, vuole dirci Duccio Demetrio. E lui si considera tale, in quanto il ritmo della vita gli permette di mantenere con regolarità il rito della camminata mattutina con il suo cane o per le strade di Milano o per quelle più suggestive di Anghiari, il paese dove è nato 80 anni fa e dove si ritira per i periodi di riposso. «Posso sperimentare ogni giorno come il camminare risvegli l’eccezionalità nella quotidianità della vita. Quegli itinerari abituali sono diventati quasi itinerari mistici, perché ogni volta mi permettono di scoprire qualcosa di assolutamente banale, dimenticato da chi passa frettolosamente nelle strade della città. È un’esperienza che mi restituisce un senso di vitalità importante». E al proposito Duccio cita un altro suo pensatore di riferimento, Hermann Hesse. Dice l’autore di “Siddharta” che «l’atto di camminare rappresenta il trionfo del corpo e dei sensi e favorisce l’elaborazione di una filosofia elementare dell’esistenza».
Ma prima della filosofia, spiega Demetrio, erano arrivate la letteratura e la poesia. E il loro approccio restituisce un’altra dimensione del camminare che vale anche per noi oggi. «Se volgiamo lo sguardo alle epopee delle letterature e della mitologia ci imbattiamo ad esempio nel cammino di Edipo, re che si era privato degli occhi e girovagava per la Grecia accompagnato dalla figlia Antigone. Edipo si mette in viaggio per un lungo cammino tastando con il bastone il suolo innanzi a sé; tastava il suolo di una terra ignota, lui che dei figli suoi dovrà scoprirsi fratello e padre insieme. Come per Edipo ogni cammino sentito dentro di noi e vissuto profondamente diventa un passaggio in una terra ignota, una terra che scopriamo strada facendo, ma della quale non riusciremo mai pienamente a comprendere l’alfabeto».
Ecco così che la letteratura apre lo spazio alla filosofia, perché il camminare diventa anche interrogazione su di sé e sull’esistenza. «La filosofia», spiega Demetrio, «induce ad un’analisi della parola. E cosa c’è nella parola “camminare” che suscita l’interesse del filosofo? Contiene tanti concetti. Ne elenco solo alcuni: azione, corporeità, tempo, cambiamento, pensosità. Sono questi contenuti della parola “camminare” che hanno suscitato l’interesse di Platone ed Aristotele. Il camminare diventa l’oggetto più importante forse della nostra esistenza ci induce a porci domande e ogni passo quindi diventa un’occasione per domandare a noi stessi che cosa è accaduto nel nostro presente o nel nostro passato. Così la filosofia ci porta oltre le funzioni utilitaristiche del camminare. Camminare diventa allora un’esperienza che definirei originaria».
C’è poi da considerare allora qual è il luogo del camminare: ebbene il luogo di camminare è la strada, il luogo del camminare è la terra, sono i sentieri. Ho trovato uno scritto di una camminatrice tra le tante storie di vita che raccogliamo come Libera università di Anghiari, che inizia così: «Che cos’è un passo? Il passo è l’azione del piede». Ma è qualcosa di più perché ci dice la giovanissima Gabriella Ballerini, «Un passo è lo spazio che intercorre tra un piede e l’altro durante l’atto del camminare, è quel qualcosa che ci allontana dal passato e ci avvicina al futuro». Il passo è un movimento positivo, è la porta dell’incontro. Sarebbe magnifico potersi ricordare dei nostri primi passi da bambini, ricordare la gioia di quando ci alzammo in piedi e iniziammo a fare i primi passi. Il passo etimologicamente ci parla anche di un passato, in quanto il passato è l’insieme interminabile dei passi fatti, non solo in cammino, ma in senso simbolico. Rappresentano un valore privato, spesso anche segreto che vale soltanto per noi, allorché abbiamo fatto passi che non abbiamo osato riferire ad altri. Per questo trovo che ci sia qualcosa di enigmatico e di bellissimo in questa parola. I passi ritrovati a ritroso ci dicono che abbiamo una storia e che ogni passo possiede una sua scena, pur nella fugacità della sua natura. I passi non svaniscono mai nel nulla.

Duccio Demetrio