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Ogni passo è un tesoro

Duccio Demetrio, Filosofia del camminare.

Io non scrivo solo con la mano, anche il piede vuole essere sempre scrivano sicuro, libero, audace e mi accompagna correndo ora sul campo, ora sul foglio bianco. I pensieri devono nascere camminando». Parole di Friedrich Nietzsche nella sua autobiografia. Duccio Demetrio ha fatto di questa confidenza del grande filosofo tedesco un punto di riferimento per tutta la sua riflessione sul tema del camminare, che ha raccolto in un libro affascinante pubblicato nel 2005 e che ha esposto in tanti incontri pubblici. «Nietzsche nella sua autobiografia ci parla tantissimo del ruolo che il camminare svolge agli effetti di un’educazione al pensare e al pensiero. Ma bisogna aver consapevolezza che Nietzsche ci parla di un certo tipo di camminare che molto semplicemente possiamo definire “passeggiata”. L’umanità per riuscire a coniare e quindi a sperimentare la parola “passeggiata”, che è una parola fresca, una parola leggera, ci ha messo migliaia di anni, in quanto prima il camminare non era certo associato a queste sensazioni. Camminare per migliaia di anni ha voluto dire marciare, sfuggire ai pericoli, cacciare. Il camminare è stato legato agli istinti, compreso l’istinto alla guerra». Siamo fortunati dunque, vuole dirci Duccio Demetrio. E lui si considera tale, in quanto il ritmo della vita gli permette di mantenere con regolarità il rito della camminata mattutina con il suo cane o per le strade di Milano o per quelle più suggestive di Anghiari, il paese dove è nato 80 anni fa e dove si ritira per i periodi di riposso. «Posso sperimentare ogni giorno come il camminare risvegli l’eccezionalità nella quotidianità della vita. Quegli itinerari abituali sono diventati quasi itinerari mistici, perché ogni volta mi permettono di scoprire qualcosa di assolutamente banale, dimenticato da chi passa frettolosamente nelle strade della città. È un’esperienza che mi restituisce un senso di vitalità importante». E al proposito Duccio cita un altro suo pensatore di riferimento, Hermann Hesse. Dice l’autore di “Siddharta” che «l’atto di camminare rappresenta il trionfo del corpo e dei sensi e favorisce l’elaborazione di una filosofia elementare dell’esistenza».
Ma prima della filosofia, spiega Demetrio, erano arrivate la letteratura e la poesia. E il loro approccio restituisce un’altra dimensione del camminare che vale anche per noi oggi. «Se volgiamo lo sguardo alle epopee delle letterature e della mitologia ci imbattiamo ad esempio nel cammino di Edipo, re che si era privato degli occhi e girovagava per la Grecia accompagnato dalla figlia Antigone. Edipo si mette in viaggio per un lungo cammino tastando con il bastone il suolo innanzi a sé; tastava il suolo di una terra ignota, lui che dei figli suoi dovrà scoprirsi fratello e padre insieme. Come per Edipo ogni cammino sentito dentro di noi e vissuto profondamente diventa un passaggio in una terra ignota, una terra che scopriamo strada facendo, ma della quale non riusciremo mai pienamente a comprendere l’alfabeto».
Ecco così che la letteratura apre lo spazio alla filosofia, perché il camminare diventa anche interrogazione su di sé e sull’esistenza. «La filosofia», spiega Demetrio, «induce ad un’analisi della parola. E cosa c’è nella parola “camminare” che suscita l’interesse del filosofo? Contiene tanti concetti. Ne elenco solo alcuni: azione, corporeità, tempo, cambiamento, pensosità. Sono questi contenuti della parola “camminare” che hanno suscitato l’interesse di Platone ed Aristotele. Il camminare diventa l’oggetto più importante forse della nostra esistenza ci induce a porci domande e ogni passo quindi diventa un’occasione per domandare a noi stessi che cosa è accaduto nel nostro presente o nel nostro passato. Così la filosofia ci porta oltre le funzioni utilitaristiche del camminare. Camminare diventa allora un’esperienza che definirei originaria».
C’è poi da considerare allora qual è il luogo del camminare: ebbene il luogo di camminare è la strada, il luogo del camminare è la terra, sono i sentieri. Ho trovato uno scritto di una camminatrice tra le tante storie di vita che raccogliamo come Libera università di Anghiari, che inizia così: «Che cos’è un passo? Il passo è l’azione del piede». Ma è qualcosa di più perché ci dice la giovanissima Gabriella Ballerini, «Un passo è lo spazio che intercorre tra un piede e l’altro durante l’atto del camminare, è quel qualcosa che ci allontana dal passato e ci avvicina al futuro». Il passo è un movimento positivo, è la porta dell’incontro. Sarebbe magnifico potersi ricordare dei nostri primi passi da bambini, ricordare la gioia di quando ci alzammo in piedi e iniziammo a fare i primi passi. Il passo etimologicamente ci parla anche di un passato, in quanto il passato è l’insieme interminabile dei passi fatti, non solo in cammino, ma in senso simbolico. Rappresentano un valore privato, spesso anche segreto che vale soltanto per noi, allorché abbiamo fatto passi che non abbiamo osato riferire ad altri. Per questo trovo che ci sia qualcosa di enigmatico e di bellissimo in questa parola. I passi ritrovati a ritroso ci dicono che abbiamo una storia e che ogni passo possiede una sua scena, pur nella fugacità della sua natura. I passi non svaniscono mai nel nulla.

Duccio Demetrio

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Graduatoria provvisoria Servizio Civile Universale Agricolo

La Cooperativa Sociale Ama Aquilone ha reso note la graduatoria provvisoria dei volontari del Servizio Civile Universale, che hanno sostenuto i colloqui di selezione per il progetto “Agrisocial club inclusione sociale in agricoltura_ 2”, promosso dal CNCA, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza.

Fatte salve le verifiche di competenza del dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale.

Scarica qui la graduatoria provvisoria →

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Santiago, Esperienza di gratuità

Pellegrina e Guida: Miriam Giovanzana si racconta

La sua prima volta a Santiago de Compostela risale a 26 anni fa. L’anno dopo ha pubblicato una Guida ad uso del pellegrino camminatore, firmata insieme ad Alfonso Curatolo: un long seller giunto alla 16esima edizione, pubblicato da Terre di Mezzo, il mensile da lei fondato nel 1994. Lei è Miriam Giovanzana, milanese, una voce appassionata del sociale italiano che si concepisce sempre in cammino. Lo stesso nome scelto per giornale e casa editrice deriva da un’esperienza che in quegli anni faceva chiunque viaggiasse. «C’erano ancora i confini», spiega. «E quando si usciva da un paese, si restava per un tratto in una terra di mezzo, che non apparteneva a nessuno. Eravamo, siamo, un po’ tutti stranieri e questo ci consente di comprendere quanto sia importante l’incontro con l’altro. È lì che si può alimentare la speranza, anche di fronte a un mondo che non è andato proprio come si poteva sognare»

Il cammino è più che una pratica, un metodo e una scuola di vita. «Anche se si parte da soli, man mano che si procede ci si ritrova dentro una comunità. Con il cammino si sperimenta come la speranza viva nell’incontro con l’altro. Non conta solo la meta, conta alzare lo sguardo nei momenti di maggiore fatica, incontrare la bellezza, il sentirsi accompagnati da molti». Ricorda i suoi inizi. La prima scintilla era scattata L dal fascino di un libro tenuto sul comodino quando era liceale: era il Codex Calixtinus, pubblicato in Italia da Jaca Book. Era una “guida del pellegrino” scritta nel XII secolo (ed è proprio tra quelle pagine che troviamo come un neologismo la parola “ultreia”). «Quel libro metteva davanti all’evidenza che camminare significa mettere i propri passi sulle orme dei passi di altri che ci hanno preceduto». È un principio che Miriam ha voluto tener ben presente nel pensare la sua “Guida al Cammino di Compostela”. Si legge nell’introduzione: «Nelle pagine che seguono trovate tutto ciò che serve (…), soprattutto come leggere le tracce di quanti ci hanno preceduto, di quanti, a partire dagli inizi del IX secolo, quando si è diffusa la notizia della scoperta della tomba dell’apostolo San Giacomo, si sono messi in cammino». In occasione della sua prima volta aveva scelto un periodo tra settembre e ottobre. Il ricordo è di strade con pochissime persone, e quindi di un cammino che facilitava meditazione e pensieri profondi. Oggi a Santiago arrivano 500mila pellegrini ogni anno e, quindi, l’overturism ha contagiato anche questa meta. Miriam confessa che, in una delle sue esperienze recenti, per tre notti si è trovata a fare i conti con strutture senza più posti e, conseguentemente, a dormire ogni volta sul pavimento. Le ragioni del boom sono molteplici. «Si sono moltiplicati i pellegrini sudcoreani, dopo che Kim Hyo Sun, una giornalista di Seul, ha raccontato la sua esperienza nel Cammino in un libro che ha venduto più di centomila copie. C’è anche un boom di americani richiamati dal successo del film con Martin Sheen protagonista, “The Way” (uscito in Italia con il titolo “Il cammino di Santiago”)».

«Quello che mi spiace non sono i numeri, ma la tendenza a dimenticare la natura spirituale del Cammino, che ha un’origine religiosa chiara. Fare il Cammino equivale addentrarsi in un’esperienza di fede. Invece oggi prevale la dimensione di avventura o quella semplicemente turistica, e così se ne impoverisce il significato e la portata personale».

Quella in direzione di Santiago è stata comunque un’esperienza generativa, che ha diffuso in tanti altri contesti la cultura dei “cammini”. In Italia quello che raccoglie più presenze soprattutto tra i giovani è il Cammino degli dei, che attraversa gli Appennini tra Bologna e Firenze. «Non ha più una natura religiosa, ma è comunque esperienza carica di valore. Chi cammina è chiamato a fare i conti con la fatica e quindi con i propri limiti. Il camminare sviluppa una cultura della condivisione. E poi si entra in un tempo che è completamente diverso dalla quotidianità, pur essendo immerso nella quotidianità». Ma l’insegnamento più grande che viene dal Cammino è la gratuità. «Basta fare l’esperienza di passare dove c’è un albero di mandorle a fianco della strada, e pensare che chi è passato prima di te le ha lasciate lì per te. Gratuità è la parola a cui sono più affezionata».

Giuseppe Frangi

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Servizio Civile Universale Agricolo: il calendario delle convocazioni

Si rende noto il calendario delle convocazioni per la selezione dei volontari del Servizio Civile Universale, che hanno presentato la domanda di partecipazione alla Cooperativa Ama Aquilone nell’ambito del progetto “Agrisocial club inclusione sociale in agricoltura_ 2”, promosso dal CNCA, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza.

Scarica qui il calendario dei colloqui →

Tutti i colloqui si svolgeranno presso Casa Ama, Contrada Collecchio 19 – Castel di Lama (AP).

INFO
Diana Di Giacinti
E serviziocivile@ama-aquilone.it
M 370 3046237
(dal Lunedì al Venerdì ore 14:00-17:00)

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Borse di Ricerca: Ama Aquilone cerca giovani ricercatori

Ama Aquilone accoglie giovani ricercatori nell’ambito dell’avviso pubblico della Regione Marche per borse di ricerca annuali.

Requisiti: disoccupati fino a 35 anni residenti nelle Marche
Contributo: 12.000 euro annui

Profili ricercati
Agroalimentare – Progetto AMA TERRA (Castel di Lama)
Laureati in Agronomia o materie affini – ambiti ricerca: analisi di mercato, lavorazioni e produzioni innovative, modelli d’integrazione tra sociale e produzione di agricoltura sociale.
Servizi per la Salute
Laureati in Psicologia, Sociologia e materie affini – ambiti ricerca: follow-up, analisi di mercato, redazione bilancio sociale ecc.
Cultura ed Educazione
Laureati in Psicologia, Servizio Sociale, Scienze Educazione – ambiti ricerca: studio di modelli d’inclusione innovativi, attivazione di reti di collaborazione territoriali e redazione bilancio sociale.

Contattaci per maggiori dettagli.
Telefono: 0735 592530
Email: ama.lavoro@ama.coop

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Tecnologia a servizio della cura

Ama Aquilone partecipa al progetto DIGIT-CARE

Migliorare e supportare il sistema di cura delle dipendenze patologiche attraverso la realizzazione e lo sviluppo di un modello IA da integrare in GISSS, con cui sarà possibile valutare e correlare in modo intelligente ed automatico le caratteristiche degli assistiti, gli interventi terapeutici attuati, gli esiti del percorso (abbandono, interruzione, dismissione), oltre agli esiti di medio-lungo periodo raccolti con il follow-up. È questo l’obiettivo centrale di Digit-Care, progetto vincitore del bando “Ricerca e Sviluppo per Innovare le Marche”, promosso da Regione Marche per sostenere soluzioni ad alto impatto sociale e tecnologico in grado di rafforzare i servizi nel territorio.

Capofila del progetto è GekoSoft, proprietaria di GISSS.eu, software cloud SaaS per la Gestione Informatizzata Servizi Socio-Sanitari che è adottato dalle quattro realtà coinvolte nel progettoAma Aquilone Cooperativa sociale, Dianova, L’imprevisto cooperativa sociale e Polo9 cooperativa e impresa sociale.

Queste cooperative gestiscono complessivamente 12 strutture terapeutiche nella Regione Marche (rappresentano il 55% dei posti accreditati per dipendenze patologiche nella Regione).

Parteciperanno al progetto come fornitori anche UNICAM- Università di Camerino che si occuperà della definizione del modello di IA; Maria Raimondo Pavarin, sociologo sanitario esperto in epidemiologia delle dipendenze e autore di numerose pubblicazioni sul fenomeno delle dipendenze patologiche; psicologi/e, psichiatri/e e persone professioniste della protezione dati.

GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO

  • Migliorare e supportare il sistema di cura delle dipendenze patologiche, replicabile sia a livello regionale che nazionale;
  • Creare un sistema di raccomandazioni con riflessi positivi nella gestione del paziente e nell’esito del suo trattamento;
  • Valutare il sistema di cura residenziale e creazione di un piano di miglioramento “analitico”;
  • Contribuire alla ricerca sul fenomeno della dipendenza patologica e sullo sviluppo dei relativi percorsi di cura;
  • Comunicare i risultati ottenuti e promozione del dibattito sul tema delle dipendenze patologiche attraverso eventi, convegni e formazione;
  • Prototipare un applicativo tecnologicamente avanzato che utilizzi modelli predittivi in grado di supportare efficacemente gli operatori socio-sanitari nel trattamento delle dipendenze patologiche.

Il progetto finanziato è:

DIGIT-CARE: Digital Health Technologies e modelli predittivi a supporto dei percorsi terapeutici per le dipendenze patologiche.
CUP: B89J25000310007

Investimento complessivo: 1.256.119,40 €
Quota erogata a fondo perduto: 778.836,68 €

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Chi non cammina non sogna

I CONSIGLI DI UN GRANDE ESPERTO, PAOLO RUMIZ

Gli uomini camminano sempre meno, sono diventati sgraziati, si muovono curvi sui loro telefonini, hanno il collo storto per l’abuso del computer, le spalle rovinate dall’utilizzo del mouse, lo stomaco contratto dallo stress e la testa piena di segnali e rumori di fondo. Un indonesiano, o un etiope, cammina in modo più nobile e felpato di noi, e quando porta un bagaglio in equilibrio sul capo mostra un’andatura eretta e sinuosa che noi abbiamo perduto da un secolo. Qualcuno dirà che sono esagerato. Rispondo con una semplice osservazione fatta nelle vie delle nostre città. Una volta c’erano solo gli scontri frontali fra automobili: oggi è facile vedere scontri fra pedoni che si tagliano la strada alla cieca, digitando messaggini.


Guardando queste cose, e guardando anche me stesso, mi accorgo che non solo siamo diventati goffi e ridicoli, ma che stiamo anche perdendo il senso della realtà.
La nostra testa è cambiata. L’uomo che non cammina perde la fantasia, non sogna più, non canta più e non legge più, diventa piatto e sottomesso, e questo è esattamente ciò che il Potere vuole da lui, per governarlo senza fatica, derubarlo di ciò che Dio gli ha dato gratuitamente, e bombardarlo di cose perfettamente inutili a pagamento. Chi cammina, invece, capisce, parla con gli altri uomini, li aiuta a reagire e a indignarsi contro questa indecorosa rapina che ci sta impoverendo tutti quanti. Il semplice fatto di mettere un piede davanti all’altro con eleganza, di questi tempi, è un atto rivoluzionario, una dichiarazione di guerra contro la civiltà maledetta dello spreco.


I viaggi si sognano a lungo e io sognavo da anni il “Capo delle tempeste” in fondo all’Istria. Sognavo di tagliare l’Istria con un mio itinerario, intendo dire una strada scelta da me; una pista da individuare d’istinto, col fiuto di un buon cane da caccia.
Ero stufo di seguire le strade degli altri, di procedere su percorsi già segnati con in mano una guida. Volevo ritagliarmi un’avventura mia, e lo spazio per farlo c’era. Per l’avventura lo spazio c’è sempre, in qualsiasi parte del mondo. Basta rinunciare alle strade battute e alle strumentazioni elettroniche come il GPS. Non fatevi smontare da chi vi dice il contrario. Basta prendere una mappa e scegliere la strada.


Per uno che va a piedi la scelta delle mappe è fondamentale ed è un affar serio trovare quelle giuste. Oggi che si usano i navigatori satellitari ne vengono prodotte sempre meno, ed è un peccato, perché solo la carta vi dà la visione d’insieme e
vi aiuta a sognare una strada. Le carte buone devono anche indicare chiaramente ogni dettaglio (ponti, sentieri, ferrovie, case isolate, foreste, scarpate rocciose o fiumi) e devono essere quindi della scala giusta. L’ideale per chi cammina è quella
“uno a venticinquemila”, dove ogni centimetro equivale a duecentocinquanta metri (e di conseguenza a ogni chilometro “reale” corrispondono quattro centimetri sulla mappa). Ma anche una buona carta con una riduzione a cinquantamila può fare egregiamente il suo servizio.

La strada che sognavo di fare a piedi era a metà fra la costa ovest e quella est. Mi spiego: se la punta meridionale dell’Istria forma un angolo acuto, la mia strada avrebbe dovuto spaccarlo in due come la freccia di Guglielmo Tell aveva fatto con la mela sulla testa del figlio. Volevo raggiungere quell’angolo magico con una linea retta che i testi di geometria chiamano “bisettrice”. Il territorio della penisola è magnifico: montagne popolate da orsi, altopiani crivellati da grotte e precipizi, paesi arroccati come in Toscana, vigne e sterminati uliveti. E ancora salvia, rosmarino e praterie di piante aromatiche agitate dal vento e capaci di sprigionare profumi da sballo. E infine una costa frastagliata di roccia bianca come la neve.

Sappiatelo subito. Partire è difficile. Troverete un’infinità di amici e parenti pronti a darvi degli alibi per non andare, a scoraggiarvi, a dirvi che quello che volete fare è troppo faticoso, oppure che siete troppo giovane o troppo vecchio o troppo grasso o troppo magro, oppure che avete genitori o figli o fidanzate-fidanzati cui badare.
Bugie, naturalmente. Una delle più clamorose è che vi perderete perché non conoscete la lingua del posto. Ebbene: persuadetevi che per sopravvivere in qualsiasi territorio straniero bastano una cinquantina di parole. Ma attenti, scegliete quelle giuste. Sapere come si dice “telefonino” non vi servirà a niente. Sapere come si dicono acqua, fuoco, locanda, mangiare, eccetera sarà fondamentale. Questo mini
vocabolario sarà l’elenco dei vostri bisogni reali, mille volte più importanti di quelli inculcati dalla pubblicità televisiva.


Comunque sia, si comunica anche senza sapere le lingue. Ricordo che negli anni novanta, in Indonesia, andai a passeggiare tra le risaie in una magnifica notte di stelle e incontrai un contadino che stava controllando la crescita delle sementi.
Aveva una piccola lampada a petrolio. Ci sedemmo vicini, senza sapere niente l’uno della lingua dell’altro, e parlammo. Il tono della voce, lo sguardo e il movimento delle mani ci aiutarono a intenderci. Io capii che lui aveva sette figli, abitava oltre una certa collina e aveva un centinaio di oche nel suo pollaio.

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Un decennio di numeri e storie che raccontano un cambiamento

Presentato oggi, presso la Bottega del Terzo Settore, il Bilancio sociale 2024 della Cooperativa sociale Ama Aquilone, documento che restituisce un’analisi approfondita dei dati raccolti tra il 2015 e il 2024 all’interno delle proprie strutture residenziali e semiresidenziali nel territorio del Piceno e del Fermano, luoghi di accoglienza per persone che vivono fragilità profonde: dipendenze patologiche, comorbidità psichiatriche, madri tossicodipendenti con figli.

Un decennio di numeri e storie che raccontano un cambiamento. Le “Case” di Ama Aquilone si confermano presìdi di cura e reintegrazione, ma anche osservatori privilegiati delle trasformazioni sociali e sanitarie che investono le nuove fragilità. «Abbiamo voluto leggere in profondità i dati degli ultimi dieci anni non per contare gli ospiti, ma per capire meglio chi sono oggi le persone che varcano le nostre porte – afferma la Presidente Mariapaola Modestini – Le trasformazioni sociali, le nuove dipendenze, la crescente complessità dei bisogni ci chiedono di rimetterci continuamente in discussione, aggiornare i nostri strumenti e, soprattutto, rinnovare ogni giorno il nostro sguardo sulla possibilità di riscatto».

I principali trend del decennio, esposti da Fabio Mariani, responsabile area progetti, e da Riccardo Cicchi, responsabile area marketing e comunicazione, entrambi redattori del Bilancio sociale:

  • Cambia il profilo demografico: nel 2024, l’84% degli ospiti è di sesso maschile, contro il 72% del 2015. L’età media è salita da 35 a 40 anni. La fragilità tende quindi a cronicizzarsi e a manifestarsi più tardi nel corso della vita.
  • La provenienza resta territoriale: gli ospiti provenienti dalla Regione Marche rappresentano il 48% nel 2024, confermando una costante centralità del legame con il territorio.
  • Sempre più soli: cresce la quota di celibi/nubili (dal 62% al 72%), mentre resta relativamente stabile il sostegno della famiglia d’origine (80% nel 2024).
  • Istruzione bassa e disoccupazione alta: il 63% degli ospiti ha al massimo la licenza media e l’88% è disoccupato, dati che confermano la necessità di percorsi personalizzati di reinserimento socio-lavorativo.

Dipendenze: meno eroina, più cocaina e polidipendenza

Uno dei dati più significativi riguarda la trasformazione nelle sostanze d’abuso:

  • Nel 2015, il 73% degli ospiti faceva uso primario di eroina; nel 2024, il primato è della cocaina (43%): questo evidenzia un significativo ampliamento dello spettro delle sostanze consumate, dato che, soltanto un anno prima, nel 2015, la sostanza principale rappresentava il 73% della casistica.
  • È esplosa la polidipendenza: il 79% degli ospiti nel 2024 fa uso combinato di più sostanze, contro il 45% di dieci anni fa.

Questa complessità crescente impone un’evoluzione nei modelli terapeutici, che oggi devono affrontare quadri clinici multidimensionali e risposte più flessibili.

Salute mentale e medicalizzazione: una realtà consolidata

  • È in aumento la percentuale di ospiti in trattamento farmacologico psichiatrico (dal 58% al 64%), spesso affiancato all’intervento educativo e terapeutico.
  • Cala invece l’uso di farmaci sostitutivi (dal 69% al 50%), segno di un approccio meno centrato sul mantenimento e più orientato al recupero.

Esiti terapeutici: più stabilità, meno drop-out

Nel 2024, per la prima volta, il numero di ospiti che conclude positivamente il programma (51%) supera quello di chi lo abbandona (drop-out). Una svolta significativa, a testimonianza della maggiore efficacia dei percorsi personalizzati e del lavoro di équipe multidisciplinari.

L’analisi degli esiti rivela alcune correlazioni rilevanti:

  • I polidipendenti hanno un tasso di abbandono doppio rispetto ai monodipendenti.
  • I giovani (18-24 anni) completano meno frequentemente il percorso, segno di una maggiore instabilità.
  • Gli over 55, pur rappresentando una minoranza, mostrano un’ottima aderenza al programma.
  • Chi è in libertà ha tassi di drop-out più alti rispetto a chi è in affidamento giudiziario, indicando un maggiore bisogno di contenimento esterno per garantire la stabilità del percorso.

«La dipendenza patologica è un problema “sotto soglia” – afferma Fabiana Faiella, medico e psichiatra del SerD Ascoli Piceno, intervenuta alla presentazione – Ma il dialogo tra pubblico e privato ha fatto sì che si possano elaborare strategie di trattamento efficaci».

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Dipendenze da gioco d’azzardo: un approccio multidisciplinare e di rete tra diritto e salute

La cooperativa sociale Ama Aquilone, con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Ascoli Piceno, organizza un evento formativo dal titolo: “Dipendenze da gioco d’azzardo: per un approccio multidisciplinare e di rete tra Diritto e Salute”.

L’incontro, in programma giovedì 25 settembre, dalle ore 09.30 alle 11.30, si propone di approfondire il fenomeno della dipendenza da gioco d’azzardo, non solo come emergenza sanitaria, ma anche come problematica legale, sociale e relazionale.
Obiettivo dell’iniziativa è quello di costruire un dialogo concreto e operativo tra professionisti del mondo giuridico e della salute mentale, promuovendo prassi condivise e integrate nella presa in carico delle persone e delle famiglie coinvolte.

Interverranno:

  • Avv. Paolo Travaglini, Presidente COA di Ascoli Piceno – Saluti istituzionali
  • Avv. Gianpaolo Di Marco – Analisi del fenomeno del sovraindebitamento legato al gioco d’azzardo
  • Dott.ssa Fabiana Faiella, Medico Psichiatra – SERD Ascoli Piceno – Diagnosi e trattamento della dipendenza da gioco
  • Dott.ssa Maria Aureli, Assistente Sociale e Referente Ama Aquilone – Servizi dedicati a persone e famiglie.

Il Convegno, che si svolgerà interamente in modalità online, è accreditato ai fini del riconoscimento di due crediti formativi per gli avvocati.

L’evento formativo rientra nel progetto del Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’Ast Ascoli Piceno, finanziato da Regione Marche, gestito da AMA Aquilone ed organizzato da La scuola AMA, agenzia di alta formazione della Cooperativa.

Per info e prenotazioni: E sportellogap@ama.coop / M 392 4197983

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Servizio civile con AMA aquilone

Approvato il progetto per il Servizio Civile Universale promosso dal CNCA, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Ente accreditato di prima classe presso l’Ufficio nazionale del servizio civile, con cui la Cooperativa Ama Aquilone ospiterà 6 volontari, ragazze e ragazzi tra i 18 ed i 28 anni.

CHI PUÒ PRESENTARE LA DOMANDA

Per partecipare alla selezione, sono richiesti i seguenti requisiti:
1) cittadinanza italiana, oppure di uno degli altri Stati membri dell’Unione Europea, oppure di un Paese extra Unione Europea, purché il candidato sia regolarmente soggiornante in Italia;
2) aver compiuto il diciottesimo anno d’età e non aver superato il ventottesimo (28 anni e 364 giorni) alla presentazione della domanda;
3) non aver riportato condanne penali.

COME PRESENTARE LA DOMANDA

La domanda può essere presentata esclusivamente attraverso la piattaforma Domande Online (DOL) raggiungibile tramite PC, tablet e smartphone all’indirizzo https://domandaonline.serviziocivile.it

Le domande di candidatura dovranno prevenire entro e non oltre le 14:00 del 15 ottobre 2025.

L’INDENNITÀ ECONOMICA

Per ogni volontario è previsto un assegno mensile di euro 507,30.

PROGETTO DEL SERVIZIO CIVILE:

Titolo: Agrisocialclub inclusione sociale in agricoltura_2 

Area di intervento: Agricoltura sociale (attività di riabilitazione sociale, attività sociali e di servizio alla comunità con l’uso di risorse dell’agricoltura, attività terapeutiche con ausilio di animali e coltivazione delle piante). 
Obiettivo del progetto: partecipare alle attività di agricoltura sociale, come strumento inclusivo per soggetti in condizioni di emarginazione.

Posti disponibili: 6 (1 riservato ai giovani con minori opportunità)
Sede: Casa AMA
Contrada Collecchio, 19 Castel di Lama (AP)
Per la descrizione del progetto, clicca qui.

INFO
Diana Di Giacinti
E serviziocivile@ama-aquilone.it
M 370 3046237
(dal Lunedì al Venerdì ore 14:00-17:00)
Per ulteriori approfondimenti, potete consultare la pagina https://www.cnca.it/servizio-civile/

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