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Banche Etiche. ‘no profit? no grazie’

In questi tempi difficili per le economie dei nostri paesi occidentali, tempi figli della finanza creativa, di bolle gonfie di bond marci, tempi in cui le aziende chiudono ed il mondo del lavoro chiede soluzioni a lunga scadenza,  mi sono sempre più spesso ritrovato a pensare che l’economia avrebbe bisogno di eticità, di lungimiranza globale più che di mercato globale. Ci vorrebbero, pensavo, progetti finanziari etici globali, più che mercati globali. 

Un nuovo modo di intendere la crescita, considerando con rispetto e lungimiranza la salvaguardia del territori e le loro specifiche culture, direttamente supportando in maniera sostenibile le zone più difficili e povere del mondo, visto che ormai dovremmo aver capito che se crescita ci sarà, sarà solo pensando a tutto il pianeta, perché tutti i mercati, anche quelli più poveri, sono interconnessi, e come nella legge dei vasi comunicanti, se troppo danaro viene veicolato, mosso e trattenuto soltanto in certe zone, le altre depresse prima o poi ci chiederanno gli interessi. Prendiamo come esempio  l’ecocompatibilità in campo industriale e produttivo: anche quella, dovremmo aver capito che andrebbe “esportata”, altrimenti certi processi e metodi produttivi non rispettosi dell’ambiente, rischiamo di non adottarli più noi ma di ritrovarceli soltanto spostati in altre zone del mondo e quindi prima o poi anche in casa nostra con effetti ormai non più controllabili. Anche l’economia è un ecosistema in fondo pensavo.

Qualche giorno fa, mentre mi rimbalzavano in testa tali considerazioni, vedo in Tv un programma di Rai 3, di solito ben fatto, il quale presenta un servizio sulle banche cosiddette “etiche”. Sapevo da tempo di questi istituti ma ultimamente non ne avevo più notizie. Ecco, ho pensato, un servizio che ci voleva: ben fatto, come un lungo spot pubblicitario, in cui l’istituto ed i suoi rappresentanti si premuravano di farci sapere delle loro attività etiche, dei loro propositi ed azioni, tutto improntato a quello che sopra ho appena detto; simulando un cliente che avesse voluto aprire un conto, gli impiegati di questo istituto spiegavano le buone intenzioni ed azioni. 

Tutto perfetto mi sono detto, forse anche troppo. Come difronte ad una pubblicità del mulino bianco. Tutto troppo bello e perfetto. Sarà che da diversi anni vado spesso e vivo in un paese del terzo mondo, dove gran parte dell’istruzione e dell’economia viene supportata da ONG e miriadi di Onlus da tutto il mondo e lavorando e collaborando con alcune di queste mi sono accorto che non tutto è rose e fiori. Quella che chiamano ormai “il terzo settore” delle detassate onlus, a volte (fortunatamente solo a volte, non sempre) sono dei veri e propri castelli di carte ed alcune sarebbe meglio che non operassero in paesi così delicati, quelli detti “in via di sviluppo”. Il discorso è abbastanza lungo da fare, solo per dire che mi sono anche abituato a non innamorarmi soltanto delle belle intenzioni e parole.

Ecco il risultato di una semplice ricerca:

Praticamente in Italia esiste un solo istituto etico, facilmente rintracciabile e scritto qui sotto, nasce nei primi anni di questo millennio pur esistendo altri progetti  “quasi” attivi già dalla fine degli anni 80.

Questi sono i punti fondamentali e fondanti di un Istituto Bancario Etico: 

Una banca etica fornisce alla propria clientela i normali servizi bancari muovendosi, però, nell’ambito di particolari criteri (diversamente definiti da istituto ad istituto) nella selezione degli investimenti sui quali concentrare il risparmio raccolto; inoltre, al pari delle cosiddette “banche dei poveri”, le banche etiche operano spesso anche nell’ambito del microcredito fornendo, a clientela particolarmente disagiata (in tipici casi ove tale clientela ha estrema difficoltà a usufruire dei canali finanziari tradizionali), prestiti di importo anche molto basso ed a interesse relativamente basso.

L’attenzione all’etica nell’operatività bancaria comporta che un altro obiettivo di queste banche sia, solitamente, garantire al cliente la massima trasparenza su quali investimenti verrà impiegato e come sarà gestito il risparmio raccolto:

  • escludendo impieghi in settori che, pur maggiormente remunerativi, possono non essere consoni ad una visione etica dell’impiego del denaro (es: fondi di investimento che comprendono azioni di aziende implicate in produzione o compravendita di armamenti, o aziende inquinanti, ecc.): uno degli strumenti utilizzati per la selezione degli investimenti è l’Ethical Screening (o selezione etica), cioè la pratica di includere o escludere determinati investimenti dal portafoglio selezionabile dai clienti dell’istituto bancario sulla base di giudizi etici sulle attività sottostanti ciascun investimento;
  • fornendo direttamente al cliente la possibilità di scegliere i settori di impiego del risparmio (es: socio-educativo, tutela del territorio, ecc.).

Obblighi:

Tra gli obblighi di una banca etica vi sono i seguenti:

  • Eticità degli impieghi finanziari: le somme raccolte vengono impiegate solo per finanziare iniziative di carattere etico e i depositanti possono scegliere il settore a cui destinare il proprio risparmio.
  • Autodeterminazione del tasso: il cliente può scegliere il tasso di interesse praticato sul suo deposito tra un importo minimo e uno massimo.
  • Nominatività del rapporto: il risparmiatore è sempre identificato e non esistono forme di deposito al portatore.
  • Trasparenza: i risparmiatori devono essere informati sull’impiego dei fondi.

Storia

Attualmente questa tipologia di mercato è in pieno sviluppo, ed anche alcune banche di tipo tradizionale offrono investimenti in fondi definiti etici anche se manca una definizione univoca di quali criteri possano definire un investimento “Etico”. Si va da criteri minimalisti (per esempio, la scelta di non investire in aziende che producono armi) a criteri più rigidi basati su un’attenta selezione di tutti i comportamenti delle aziende interessate dal rispetto dei diritti dei lavoratori, al rispetto delle norme in materia di tutela dell’ambiente.

In Europa[

In Europa, dagli anni settanta del secolo scorso sono nate diverse banche che si conformano a questi criteri, svolgendo operazioni di piccolo finanziamento (il cosiddetto microcredito) anche nei Paesi in via di sviluppo, o promuovendo il finanziamento di strutture di commercio di prodotti alimentari e di piccolo artigianato verso i paesi maggiormente sviluppati, attraverso canali commerciali paralleli alla normale distribuzione.

In Italia

In Italia lo sviluppo di un sistema bancario di questo tipo è passato attraverso i gruppi di Mutua Autogestione, le cosiddette MAG, tuttora presenti, che hanno contribuito sia allo sviluppo del microcredito, sia alla nascita di punti vendita per il commercio di prodotti provenienti dal terzo mondo e da cooperative sociali. A partire dagli anni novanta operano anche in Italia alcune banche etiche. La più grande e diffusa su tutto il territorio nazionale è Banca Popolare Etica, nata nel 1999 per iniziativa di alcune organizzazioni del terzo settore italiane (ACLI, ARCI, AGESCI tra le maggiori): la banca si caratterizza per offrire ai risparmiatori tutti i comuni servizi bancari in condizioni di trasparenza e dal fatto che, oltre ai privati cittadini, possono accedere ai finanziamenti della stessa solo le organizzazioni del terzo settore, le ONG o altre società la cui attività abbiano un evidente valore sociale o ambientale.

Tutto perfetto. Se non fosse che ad una ricerca leggermente più approfondita si legge:

Banca Etica è una banca a tutti gli effetti: i suoi prodotti, compresi i conti correnti, sono confrontabili con quelli di banche “tradizionali”. E rispetto agli altri conti correnti italiani, quelli di Banca Etica sono tra i più costosi in assoluto.

· Consideriamo, per esempio, un risparmiatore che non chiede molto al suo conto corrente: lo usa per ricevere lo stipendio, per pagare le bollette, per fare bonifici (4 in un anno) e per avere una tessera bancomat con cui prelevare denaro dagli sportelli automatici. Lascia sul conto in media 3.000 euro e opera tramite internet.

· Ebbene, il conto di Banca Etica più conveniente per questo risparmiatore è Conto in rete che ha un costo di 41 euro l’anno. Il conto si piazza all’80° posto della classifica di convenienza redatta su circa 300 conti correnti italiani. Occhio, però, che il conto è riservato ai soci di Banca Etica. Per diventare soci di Banca Etica dovete comprare azioni della banca: ciascuna costa 55,5 euro. E se non si vuole diventare soci? Il conto migliore è Conto sostenibile che ha un costo di 146,8 euro l’anno: 126 euro di canone, 15 euro di spese per conteggio competenze – sì ha capito bene, Banca Etica prevede ancora questi costi – 5,8 euro per l’invio dei bonifici. Il conto è il 220° della classifica: pensi che col primo, Barclays 3% più, non solo non spende nulla, ma grazie al tasso d’interesse del 3% annuo lordo incassa in un anno 36 euro!

Importanti limiti

· Banca Etica, poi, non consente di avere un libretto assegni. Inoltre, per tutti i conti l’operatività in titoli è molto limitata: oltre alle obbligazioni, ai fondi e ai certificati di deposito emessi da Banca Etica, si può investire solo in titoli di Stato italiani e in titoli emessi in euro da alcuni Stati esteri europei o enti soprannazionali come la Bei. Questi acquisti vanno fatti allo sportello o tramite promotore. Per motivi “etici” le azioni – tranne le loro! – sono escluse.

· Le commissioni per la negoziazione titoli sono in linea con quelle di altre banche. Per esempio, consideriamo lo stesso risparmiatore dell’esempio precedente, ma che non usa internet e che effettua anche due compravendite di titoli di Stato da 5.000 euro in un anno. Il conto migliore di Banca Etica è Conto action: per i soci costa 158,2 euro all’anno, per i non soci 203,6 euro. Rispettivamente circa 2 e 3 volte il costo del conto corrente più conveniente che è sempre Barclays 3% più (costo annuo di 71,82 euro).

Banca Etica non concede pasti gratis…

· Va bene, costa di più: ma come la mettiamo coi finanziamenti? Concede prestiti a condizioni migliori di altre banche? Guardando i bilanci del 2011, la risposta è no. Il margine sui finanziamenti concessi (rapporto tra interessi incassati sui crediti concessi alla clientela e totale dei crediti concessi) è del 3,3%: si tratta di un valore solo di poco inferiore a quello delle principali banche italiane (3,7% per Intesa Sanpaolo, 4% per Unicredit; vedi tabella Banca Etica contro le altre banche).

· Inoltre, se a questo margine sottraiamo quanto la banca riconosce ai clienti (interessi pagati su debiti alla clientela su totale dei debiti verso alla clientela) otteniamo che il margine netto è del 3,07%: addirittura lievemente superiore a quello delle altre banche (vedi riga “differenza rapporti precedenti” nella tabella Banca Etica contro le altre banche).

Neppure ai bisognosi? Giudizio sospeso

· Va bene, i conti sono cari, i prestiti non sono a buon mercato, ma almeno i soldi li dà davvero a chi ha bisogno, finanziando realtà che le altre banche non sostengono? Difficile dirlo scorrendo la lista fornita delle entità finanziate: si notano sì piccole aziende, parrocchie, associazioni di volontariato, ma per dare una risposta precisa bisognerebbe verificare sul campo l’eticità dei soggetti finanziati e quella dei loro progetti. Questo né noi, né altri analisti esterni alla banca possono farlo.

· L’unica cosa che possiamo fare è notare che il tasso di crediti deteriorati (quelli concessi a persone che non sono in grado di ripagarli) in relazione al totale dei crediti è del 3,2%, inferiore, per esempio, al 6% di Intesa Sanpaolo. Questo vuol dire due cose: o che il processo di selezione dei soggetti finanziati è molto attento e che, quindi, la banca non concede finanziamenti così semplicemente o che in realtà le attività etiche sono affidabili e rendono moltissimo.

L’etica di investire il denaro al meglio

· Ultime due cose da sapere. La prima: Banca Etica non distribuisce dividendi ai soci e il 10% dei suoi utili è destinato in beneficenza. Nel 2011 tale 10% è, però, andato alla Fondazione di Banca Etica: in pratica è uscito dalla porta e rientrato dalla finestra. La seconda: diventare soci di Banca Etica è più costoso del diventare soci di altre banche (vedi rapporto prezzo/valore contabile nella tabella Banca Etica contro le altre banche) che, però, di solito danno dividendi che può poi destinare a scopi benefici.

· Morale: la banca è esosa, ma sull’eticità non siamo in grado di darle un giudizio. In questa situazione o decide di fidarsi ciecamente di Banca Etica e dei suoi controlli sull’eticità dei progetti finanziati o sceglie una via alternativa. Quella che suggeriamo è questa: scelga i conti che fanno fruttare al meglio il suo denaro. Poi con il ricavato, o con quanto risparmiato, faccia ciò che più ritiene opportuno, comprese le donazioni alle numerose organizzazioni umanitarie o ai centri di volontariato presenti in Italia o alla Chiesa.

BANCA ETICA CONTRO LE ALTRE BANCHE
IndicatoreEticaIntesaUnicreditMps
Interessi/crediti clientela3,3%3,7%4%3,92%
Interessi/debiti clientela0,23%0,75%1,28%1,16%
Differenza rapporti precedenti3,07%2,95%2,72%2,76%
Prezzo/valore contabile0,930,310,260,09
Attività deteriorate su crediti clienti3,2%6%7,2%9,2%
Attività deteriorate/patrimonio45%48%78%125%

Fonte: bilanci consolidati al 31/12/2011. Prezzo/valore contabile atteso al 2012 su prezzi al 25/07/12: per quello di Banca Etica è stata ipotizzata una sottoscrizione di azioni allineata a quella del 2011. Per l’ultimo indicatore è stato considerato il patrimonio del gruppo escludendo quello di terzi.

Fonti dei dati dell’articolo: Wikipedia, Altroconsumo Finanza

Amilcare Caselli